La violenta musica della libertà

A José Martí, poeta rivoluzionario

Cuba mi insegnerai con dolore
a guardare più avanti
delle spiagge dorate
delle vecchie automobili
del sorriso sdentato di barbabietola
e canna da zucchero

il sigaro del Che in un bar dell’Avana
le sere agitate, i menù turistici
e la musica in strada, interrotta
da un coro di verdi lumache
ammaestrate a cantare la democrazia
che muore a Guantanamo Bay
– la prigione più grande del mondo –

negli occhi ingessati di Cnosso
rivedo il disegno di Castro
i pugni alzati e i sogni infranti
rivedo Telemaco e il sistema decimale
mani forti e voglia di esistere
nel grande racconto di un socialismo
incompiuto, perché forse alla fine
aveva ragione Trozky

e la rivoluzione in un solo Paese
non dura, se non a caro prezzo
nel colpo alla testa di Kennedy
nel rovesciamento di Batista
nel grido di disperazione della tua terra
– ma come si fa a raggiungere la meta?

Un manuale di marxismo-leninismo
non saprebbe spiegarlo in modo efficace:
y el pueblo desunido jamas será
descobierto, hasta la proxima parada
que no habla, que no sueña
y muere todo los dias, en la calle
esperando que el mundo se despiertes.

Ti ho incontrata sulle banchine
di questo ennesimo viaggio mentale
che mi assoggetta e mi protegge
dalle fronde più spinose del reale

ti ho riscoperta piccola e fragile
come un pupazzo di paglia che brucia
in un campo per tenere lontani i corvi
e i latifondisti, ti ho vista in cerca
di Maalox e medicine a bordo strada
pagandole a peso d’oro, ti ho vista
dare il culo e pulire le case dei ricchi

ti ho vista manifestare solidarietà
ai credenti, quasi a scusarti
del tuo ateismo, ti ho vista raccogliere
stelle lucenti sul fondo dell’Atlantico
e non potere sfamare i tuoi figli
pur di opporti alla guerra imperialista

ti ho vista in ginocchio con i rammendi
pregare per trovare un lavoro
e non trovarlo perché comunista
ti ho vista sfoggiare il tuo odio di classe
riprenderti il sole, la giovinezza, la follia

Opera di Antonia Eiriz

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